Infrastrutture Energetiche tra Nimby e burocrazia: la sfida per le imprese

Infrastrutture Energetiche tra Nimby e burocrazia: la sfida per le imprese

Quando opposizione locale e complicazioni procedurali si sommano, i progetti strategici rischiano di arenarsi. Su questo tema interviene Mario Doldi, Senior Consultant esperto di NIMBY e Accettabilità Sociale, con un’analisi dedicata in particolare al caso della geotermia.

La sindrome Nimby e le sue ripercussioni negative sulle procedure autorizzative, come precedentemente trattato, rappresentano un freno allo sviluppo dei progetti nel settore delle Infrastrutture Energetiche. Si tratta di una vexata quaestio che costituisce una sfida rilevante sia per le imprese del settore che per le istituzioni.

Il caso geotermia: investimenti bloccati, politiche assenti

Per quanto attiene allo sviluppo della Geotermia in Italia, Fausto Batini, Presidente di Rete Geotermica, ha affermato in un’intervista rilasciata alla testata giornalistica Watergas: “(l’associazione) ha in sviluppo 44 progetti per oltre 800 MWe di potenza elettrica installabile ed investimenti di circa 8 miliardi di euro da realizzare entro il 2040. Purtroppo, ad oggi, nessun impianto è stato realizzato a causa dei complessi iter autorizzativi e della mancanza di adeguate politiche di sostegno allo sviluppo di tale tipologia di progetti. Auspico che questa iniziativa (lo studio sulla geotermia in Italia, promosso con il sostegno di The European House-Ambrosetti, ndr) possa aumentare la consapevolezza dei decisori politici sul ruolo strategico che ha la geotermia ad emissioni nulle e di guidarne lo sviluppo per contribuire alla transizione energetica del nostro Paese”(1).

Semplificare le regole e i procedimenti, così come promuovere politiche di supporto alla geotermia, è un compito che spetta indiscutibilmente al decisore politico. In tal senso, Rete Geotermica ha giustamente richiamato l’attenzione della politica su questi aspetti cruciali.

Controversie locali e sfiducia nelle istituzioni

In aggiunta, tra le ragioni del difficile decollo della Geotermia in Italia vi sono anche le controversie a livello locale. Lo ha riconosciuto il Presidente del Consiglio Regionale della Toscana, Antonio Mazzeo, affermando che “la logica del – non nel mio cortile – ha impedito alla Regione di essere autosufficiente energeticamente con la geotermia”(2). 

Tali criticità trovano la loro espansione anche alla luce del progressivo calo di fiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche, che contribuisce ad allargare il divario tra società e Stato (3). Dal basso sale la spinta da parte dei cittadini, per essere ascoltati e influire sulle scelte che riguardano la località in cui vivono. Spesso, inoltre, nascono sul territorio forme di alleanza tra i comitati del No e le imprese locali, a difesa delle produzioni vitivinicole e agroalimentari, nonché delle attività turistico-ricreative, ritenute messe a rischio dalla realizzazione dei progetti. Con l’effetto di esercitare una pressione significativa sulle amministrazioni comunali, al fine di ottenerne il sostegno. E, difatti, il più delle volte, ciò si avvera.

Tipico è il caso in cui le amministrazioni, durante la Conferenza di Servizi, di fronte a un progetto impiantistico sgradito, assumono una condotta dilatoria, con l’intento di ritardare il più possibile la conclusione dell’iter amministrativo. Oppure, in occasione di un provvedimento ritenuto ingiusto, l’ente locale ricorre alla giustizia amministrativa per contestarne la legittimità, con l’effetto di rinviare sine die l’intero processo decisionale.

Alla luce di tutto ciò, vale la pena considerare la sinergia che si crea fra i comitati del “No” e le criticità procedurali che ne derivano, che finisce per ostacolare qualsiasi tentativo di accelerazione burocratica, al punto tale da rendere vana l’attuazione delle misure di semplificazione dei procedimenti autorizzatori previste dalla Legge 241/90.

Un approccio integrato per il permitting e il coinvolgimento

Non basta, quindi, fornire un’informazione “chiara e corretta”. Anche un progetto che impiega le migliori tecnologie disponibili sul mercato e genera nuovi posti di lavoro può andare incontro all’insuccesso. A determinarlo sono spesso opposizioni locali radicali e intransigenti, insieme a Conferenze di Servizi senza una scadenza definita.

Viviamo nell’epoca della sfiducia. In questo contesto, l’engagement rappresenta la risposta più giusta ed equa.

Bisogna favorire le condizioni per uno sbocco proficuo. Serve una visione d’insieme che comprenda la pianificazione delle attività di Permitting e di Stakeholder Engagement, alla luce della loro interrelazione. Attraverso l’implementazione di un approccio strategico, fondato sulla partecipazione e su un dialogo sempre più strutturato con tutti gli stakeholder, è possibile prevenire o ricomporre i conflitti locali. In questo modo si generano ricadute positive anche sui procedimenti autorizzatori. Si agevola così lo sviluppo di un circolo virtuoso, imperniato sulla collaborazione fra imprese e comunità locali, con l’obiettivo di portare valore al business e ai territori.

Un percorso di reciproco vantaggio, pienamente coerente con le strategie di responsabilità sociale delle aziende proponenti.

In chiusura, è utile tornare allo studio citato in apertura, laddove si osserva che la geotermia “non sembra però godere nel nostro Paese di grande stima”. Su tale aspetto, senza presunzione di completezza, si è cercato di indicare la strada sensata per rendere possibile alla geotermia di godere della stima (e fiducia) da parte delle comunità ospitanti i progetti. Con la consapevolezza che una maggiore indipendenza energetica dell’Italia, passa anche dai “Sì” che sapremo far emergere e costruire sui territori.

    1. https://www.watergas.it/it/News/Nuovo-studio-rileva-che-da-geotermia-puo-arrivare-10-della-produzione-elettrica-italiana-al-2050
    2. https://www.lanazione.it/empoli/cronaca/la-democrazia-non-e-un-dono-e-una-conquista-bb6ddc6a?live
    3. https://www.ilfoglio.it/politica/2024/02/21/news/la-democrazia-arretra-in-tutto-il-mondo-ed-e-in-crisi-anche-in-occidente-6241987/