Dal Sieroterapico al parco Segantini di Davide Alfredo Fortini

Dal Sieroterapico al parco Segantini di Davide Alfredo Fortini

L’area dell’odierno parco Segantini corrisponde in gran parte all’area dell’ex Sieroterapico, l’istituto che produceva vaccini e sieri, e si trova nell’attuale zona 6 compreso tra i due navigli. Si tratta di un’area di circa 100.000 mq dedicata a verde, la cui storia inizia tra gli anni ’80 e ’90.
In quel periodo si sviluppò un intenso dibattito e un duro confronto tra gli interessi diffusi dei residenti con quelli dell’operatore immobiliare a cui il comune aveva concesso la realizzazione di un intervento edilizio che andava, nella sostanza, a compromettere tutta l’area usata dal sieroterapico come campi per il foraggio da usare per gli animali.

Questa azione di contrasto caratterizzata da occupazioni temporanee dell’area è stata accompagnata da una fase di contro progettazione (che ho coordinato), che estese il tema e le modalità di azione al sistema egli spazi verdi sotto aggressione da parte degli interessi immobiliari (Piano recupero Magolfa, giardini Baravalle, parco Ravizza), portò ad una radicale revisione del progetto che limitò l’edificazione ai bordi dell’area restituendo alla città i 100.000mq di verde. Ma anche a una revisione del progetto Magolfa (azione a cui va riconosciuto il merito del mantenimento e recupero della ex Fornace, oggi sede di spazi culturali così come del mantenimento del Baravalle).

Dopo molti anni, introno al 2010, a intervento edilizio realizzato e bonifica attuata nelle sue parti essenziali il comune avvia la realizzazione della sistemazione del parco; il problema della riduzione delle risorse disponibili viene affrontato attraverso il coinvolgimento degli abitanti che, nel frattempo, avevano attivato forme di rivendicazione sulla necessità di realizzare il parco e che partecipano alla ridefinizione del progetto (il costo della sistemazione a verde passa dai 2,5 ml di € a 400.000€). L’ente pubblico e i cittadini, che nel frattempo si stavano dando una forma organizzativa propria (ONLUS), hanno trovato delle forme di collaborazione a differenti livelli: di accompagnamento, affiancando l’impresa incaricata dei lavori di bonifica anche per condividere alcune scelte (espianto alberi); di protagonismo, assumendosi la diretta responsabilità nell’attuazione e gestione di alcune aree – zona naturalistica e giardini edibili – anche attraverso l’affiancamento (come richiesto dal comune) di soggetti esperti.
Oggi il parco si presenta come il cuore verde di un’area complessa, ai cui bordi (molto impermeabili) si dispongono residenze, attività produttive e luoghi di apprendimento e il cui inserimento in un’area fortemente vocata al divertimento e allo svago (navigli, nuova darsena) rende il parco un luogo di attenzione per eventuali usi impropri.

I motivi del successo di questa esperienza sono stati quelli dell’iniziale voglia di non essere travolti dagli interessi economici (dimostratesi pirateschi con l’arresto anche di funzionari della pubblica amministrazione) e poi quello della fiducia, tra i cittadini e il comune, fiducia che non ha eliminato frizioni e necessità di controllo ma che ha dato la possibilità di un rapporto continuativo tra le parti (mantenendo per ognuna il suo ruolo e le sue responsabilità), quello della progressività dell’intervento, così da impegnare le risorse su azioni controllabili e indirizzabili anche in base all’esperienza accumulata, quello della varietà delle competenze presenti nell’associazione dei cittadini (fatto casuale ma sfruttato al massimo), quello della costruzione di alleanze finalizzata al singolo intervento con soggetti presenti nell’area ma anche distanti (NABA, carcere di Opera), quello di una progettualità ampia ed articolata dell’associazione (previsione di strumenti a garanzia della sicurezza dell’area, partnership con suole per impiantare strumenti di rilevazione impatto umano sulla natura, recupero dell’ex Giorgi come museo, progetto della rete di collegamento con altri parchi della zona 6, riuso della palazzina ex Giorgi come sede per le associazioni, rete di confronto della produzione orticola con esperienze estere), quello della capacità di organizzare un piano finanziario in grado di rendere l’associazione autonoma da enti e altri per quello che concerne le risorse da impegnare nella realizzazione delle parti loro assegnate (attraverso lo strumento previsto dalla delibera “giardini condivisi”).
Tali orientamenti operativi hanno portato il gruppo iniziale di poche persone a diventare un’associazione con 140 iscritti che arrivano a circa 200 persone coinvolte nel progetto; di cui solo il 40% risiede nei condomini prospicienti l’area.

di Davide Alfredo Fortini